Venerdì 28 Ottobre 2016 - 21.30
SHYLOCK
con Mauro Parrinello
Nel suo monologo del 1998 – straordinario successo di pubblico a Edimburgo, e poi un decennio di repliche in tutto il mondo – Gareth Armstrong opera una scelta semplice e allo stesso tempo esilarante: fare uscire Shylock di scena.
A parlare di lui, e non solo di lui, è qualcuno che in pochi ricorderanno: Tubal, quell’ebreo “della stessa tribù” di Shylock a cui Shakespeare dedica nel Mercante non più di otto battute.
A lui il compito di ripercorrere la fitta trama del Mercante di Venezia, nel tentativo di riabilitare la figura di Shylock, di rivelare, con incredibile ironia, l’uomo dietro il personaggio, vacillante sotto il peso di un mito troppo grande per lui, E al tempo stesso, con questo ‘a tu per tu’con il pubblico, in questo ‘one-man show su Shylock’, Tubal si prende il suo momento di gloria. la sua occasione fin troppo cercata, un’opportunità per riscrivere la tanto nota storia dal suo punto di vista.
Shylock è uno spettacolo che offre allo spettatore l’opportunità di una visione insolita del Mercante di Venezia: un punto di vista originale, obliquo, che colloca il racconto ‘fuori’, ‘dietro’, ‘di lato’ a ciò che avviene in scena, moltiplicandone le possibilità di interpretazione.
Tra situazioni esilaranti, travestimenti, incursioni e rimandi, Shylock è un Mercante di Venezia come non l’avete mai visto.
La storia del Mercante di Venezia e, più nel dettaglio, dell’usuraio ebreo che chiede in pegno una libbra di carne al suo creditore è narrata dall’unico altro personaggio ebreo del dramma, Tubal. Per lui Shakespeare scrive otto battute in tutto ma anche un ruolo che scopriremo essere determinante ai fini della storia: inviato a Genova per pedinare la figlia di Shylock Jessica e il suo amante, recherà notizie sulla dannata sorte delle navi di Antonio, sventura che permetterà allo strozzino di esigere il proprio debito di sangue.
Il Tubal di Parrinello è una piccola e gentile caricatura dell’ebreo, camicia a strisce, gilet, pantalone ampio, occhiali sottili, sorrisetto e riccioli, sotto la kippah. In scena con lui solo una voce off che interpreta Shylock e una «scenografia che costa 27 euro», un architrave formato da scatole di cartone, etichettate con nomi ironici che si fanno capisaldi della storia: «gondole galeotte, rimborso viaggi, stile italiano, notai buffi, geografia creativa, storie inventate» sono altrettanti nodi drammaturgici per ricostruire non solo la vicenda del Mercante, ma ampie radure di retroterra culturale ebraico.
Da bravo drammaturgo popolare (già, questo era all’epoca) Shakespeare omette, fraintende, prende alla leggera, scopiazza da favole popolari, taglia i caratteri con l’accetta, crea stereotipi e a quanto pare – nel tratteggiare il suo Shelach – disconosce molto della sua tradizione.
Tubal rimette a posto i tasselli. Il testo si dipana tra riferimenti biblici e cenni sulla contemporaneità, svelando il retaggio di esclusione del popolo di Israele senza retoriche o pietismi ma assestando qua e là qualche amara stilettata su certi qualunquismi di cui siamo tutti vittime o ignari fautori. Il merito è di certo nell’acume del testo, ben tradotto da Francesca Montanino, ma ancor di più in un’idea di messinscena povera ma fulgidamente semplice e funzionale, e nella presenza di un attore sincero, gradevole, in grado di tenere in mano l’attenzione di un pubblico reso partecipe e di offrire chiavi di lettura multiple che fanno riflettere sulla narrazione dei miti contemporanei. Ottimo ritmo e piccole invenzioni come lo Shylock animato come burattino dai tratti “tipici” del ricco ebreo fanno il resto, per un bel pezzo di teatro indipendente adatto a tutte le età. A patto che a tutte le età ci si conservi aperti a notare i dettagli della rappresentazione, a giocare ai ruoli di chi ascolta, chi impara e chi completa una storia in un sincero atto di relazione.